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a danno dell’Austria e la violenta repressione governativa — fra gli uomini coperti di cicatrici còlte nella battaglia dell’Unitá Nazionale e gli uomini che li consegnano ai birri e li accusano d’alto tradimento per aver voluto combattere lo straniero e liberare i loro fratelli — tra le aspirazioni della parte migliore del paese e le fucilate date per unica risposta in Brescia — tra il concetto emancipatore di Garibaldi e il Governo che lo nega, e non osando imprigionare Garibaldi, lo oltraggia — corre debito, panni, a ogni uomo che ami l’Italia di scegliere, e pubblicamente.
Prego gli avversi onesti di non fraintendermi. Xou si tratta ora per me di repubblica o monurcMa. Si tratta d’azione o d’inerzia, d’Unitá o smembramento, d’avere lo straniero in casa o d’averlo fuori. Il nostro programma dell’oggi è tuttora quello del 1859. Si compendia in due parole: Venezia e Roma’, il braccio d’Italia, licore d’Italia. Soltanto, speravamo ottenerle alleati colla monarchia: oggi, esaurita quella speranza, diciamo che cercheremo d" a verle soli, per vie nostre, malgrado il Governo e disposti a combatterlo, ov’esso s’ostini in attraversarci la via. Se gli uomini di Governo, non contenti dell’inadempimento del dovere, vorranno impedire a noi di compirlo, faremo di conquistarcene in ogni modo la libertá: se violeranno il diritto dell’associazioni pubbliche a prò’ di Roma e Venezia, torneremo a stringere le nostre fratellanze segrete: cospireremo. Non rinnegammo il Dovere Nazionale davanti all’Austria: non lo rinnegheremo davanti a nomini che han nome Rattazzi, Minghetti o Farini,