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sacerdoti dell’Umanitá i quali, da Socrate a Dante a Ugo Foscolo, vi gridano: sappiate vivere, e occorrendo, morire nell’adorazione della veritá. E voi dovete trasmettere quell’ispirazione al popolo, colla parola, coll’esempio e coll’opera, tanto che impari, sovra ogni altra cosa, a stimare se stesso e la coscienza nazionale in sé, a confidare nelle proprie forze e ad abborrire anzi tutto la menzogna, l’ipocrita dissimulazione e le torte vie, che gli uomini i quali fanno mestiere della jiolitica, gli vanno pur troppo istillando. Oggi, o giovani, nell’alte sfere governative, in gran parte della stampa e nell’immenso numero d’ uomini che favellano di libertá trascinandosi pur dietro la catena del passato servaggio, vige una dottrina che insegna al popolo d’Italia a conquistare la libertá, alleandosi colla tirannide, l’indipendenza, traendo le ispirazioni da Parigi, la unitá nazionale, rappresentandola con leggi date a un angolo d’Italia, quando nazione non era, le virtú d’uomini liberi e di cittadini, mascherando tutte le tendenze dell’anima, sagrificando la manifestazione del Diritto a una opportunitá passeggera, rinnegando pubblicamente chi s’amar, lodando e acclamando chi non si stima e cercando il futuro, non nell’entusiasmo, nella fede del sagritício, che i popoli, chiamati a dovere, non ricusarono mai. ma negli interessi, divergenti sempre e mutabili degli individui e in calcoli fondati sullo altrui egoismo. È scienza questa della morte, non della vita. E so che, originata in noi tra il secolo XVI e il XVII, quando spente tutte le generose passioni, muti tutti i grandi concetti, cominciammo a chieder norme di potenza ai tirun nuoci ligi allo straniero e norme di scienza ai G-uicciardiui e siifatti, ci scavò una sepoltura