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Oggi da ventidue niilioui d’ nomini. Venezia e Koina in mano degli stranieri, dovrebbe essere un doppio perenne rimorso. Ed io sento, se non rimorso — dacché, condannato anch’oggi nel capo dalla monarchia, non posso frammettermi liberamente a’ miei concittadini e predicar loro la santa crociata — vergogna profonda, quando penso che dopo innumerevoli promesse millantatrici, un primo ministro d’Italia, non ha saputo in un anno che scrivere una trista lettera al papa, senza modo per farla giungere: che il Parlamento d’Italia non ha saputo trovare in sé, non dirò una maggioranza, ma una minoranza compatta, capace di far udire all’Europa una rimostranza collettiva contro 1" occupazione prolungata in Roma — che il popolo d’ Italia non ha saputo raccogliere, invece del milione di firme che avrebbe dovuto uscire da cento riunioni pubbliche tenute lo stesso giorno in cento Cittá, se non cento mila nomi intorno ad una protesta — che il popolo di Roma, aggirato da un Comitato d’uomini, non so se piú stolti o codardi, non ha saputo finora levare, in una gigantesca manifestazione, un grido degno delle grandi memorie che lo circondano. E vergogna e dolore mi pesano sulP anima stanca, vedendo Venezia, e con essa l’iniziativa d’ Italia fra le Xazioni. quasi dimenticata — un Groverno che s’intitola Nazionale, incapace di volontá per armare popolarmente il paese o per raggiungere la cifra di 400.000 uomini coll’esercito regolare — 60.000 soldati italiani, occupati nel Mezzogiorno d’ Italia a combattere un brigantaggio, che la presenza di Garibaldi e l’entusiasmo dei cittadini risuscitato con essa, avrebbero potuto spegnere e spegnerebbero anch’oggi in quindici giorni — migliaia e migliaia di Veneti erranti, trattati come esuli in terra