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dicolo. Le sue agitazioni perdono il loro valore. L’ Europa s’av’vezza a non porvi mente.

Ora, checché si pensi o si faccia, noi non possiamo oggi andare a Roma. Xoi non indurremo mai il G-overno a rompere guerra coll’alleato. Xon credo aver bisogno di dimostrarlo. E noi non riusciremo a movere popolarmente. È d" uopo veder chiara la situazione. Per avere Roma, bisogna, quando Luigi Napoleone non ne parta spontaneo, essere preparati ad affrontare una guerra colla Francia Imperiale. L’ Italia dovrebbe essere matura per quella, ma non lo è. Impegnandoci in una lotta colla Francia Imperiale noi sonimiui striamo all’Austria opportunitá d’invadere dall’altro lato. E questo pericolo, visibile a tutti, basta a farci avversa l’opinione generale. La grande maggioranza degli Italiani accuserá i promotori dell’impresa d’avere, per rompere l’alleanza, provocato contro il paese una guerra simultanea da due grandi Potenze. Inoltre, avremo contrario, e anche con fatti, il Governo. Finalmente, a iniziare l’impresa e non essere disfatti fin da principio, bisognerebbe poter raccogliere in 3 o 4 giorni un 20,000 volontari sotto il comando di Garibaldi. E questo è impossibile. Però, noi vediamo ogni manifestazione in quel senso rimanersi sterile senza potersi tradurre in fatto. Vj questa la realtá. Vi è chi possa negarla f Bisogna dunque continuare 1" agitazione per Roma, ma nei termini del possibile. Bisogna dire: «abbiamo diritto alla nostra Metropoli,» ma non piii per ora. Bisogna creare unanime l’opinione francese, l’opinione Europea, l’opinione Italiana: annientare i sospetti dei Governi sulla politica conquistatrice