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Non ci attribuite dunque, a salvar voi stessi, diserzioni che derivano dalla pessima amministrazione dell’esercito e dall’avarizia colla quale è oggi trattato il soldato che chiamerete domani forse a preservarvi col proprio sangue i vostri dominii. Nessuno, clie abbia ombra di senno e pudore d’anima, vi crederá. Se il re potesse mai credervi, ei si mostrerebbe nato a essere vittima di raggiratori impudenti, an ziché capo d’ un popolo che merita stima e fiducia. L’ esercito italiano non ha migliori amici di noi: di noi, che invece di dire al soldato: indonnando V ansisa, tu svesti la coscienza dell’uomo e del cittadino, e diventi cieco strumento d’un uomo-capo, gii diciamo: tu sei l’apostolo armato della Xazione, la forza a servigio del dovere sociale: esecutore devoto nel campo nazionale del pensiero d’ an capo, tu eserciti fuori del campo tutti i diritti d’italiano, e vegli tu pure a che il dovere sociale, pel quale sei presto^ a morire, non sia tradito: — di noi, che vorremmo le promozioni in ragione unicamente del merito, la retribuzione in ragione degli stenti durati e del rischio, le punizioni in ragione della responsabilitá, le ricompense limitate all’inoltrarsi nei gradi, le pensioni e le terre serbate all’epoca nella quale cessa per etá o ferite il servizio, e alle famiglie povere dei combattenti: — di noi che chiediamo Tesereito d’oggi rimanga come nucleo educatore e modello della nazione armata e ordinata intorno ad esso ad ausiliario e riserva: — di noi che bramiamo farlo iniziatore della libertá delle nazioni sul Veneto e custode dell’unitá della patria in Roma: — di noi che gemiamo o arrossiamo vedendolo condannato a rimanersi, ubbidiente alla volontá dello straniero, coll’arme sul braccio davanti ai fratelli tuttavia oppressi e smembrati.