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mica, che miuacciauo pereuneineute l’iudipeudenza e lii sicurezza delle terre d’Italia libera: e lloiua è foco di mene, raggiri e cospirazioni incessanti di preti, borbonici, muratisti, bonapartisti, che mantengono la guerra civile nel Sud e un pretesto continuo all’intervento straniero — perché, assetata di libertá e di progresso civile, politico ed economico, essa non può attendere a conquistare ordinatamente 1" una e l’altro, priuja di sentirsi una davvero e sicura.

Per sopire la prima cagione di malcontento, è necessario che il Governo cessi di essere Governo d’ una consorteria piemonteae o d" uomini servili al Piemonte, e diventi governo della nazione. La nazione è un fatto nuovo, creato dalle lunghe aspirazioni, dai lunghi dolori, dal lungo lavoro e dai lunghi sagrifícii di tutte provincie d’Italia: un fatto nuovo che trascina con sé la rivelazione di nuovi bisogni, di nuove tendenze, di nuove idee, d’una nuova politica, d’ una nuova vita sociale; e a rappresentarlo s’ esigono nuovi uomini e nuove leggi. L’Italia ne ha comprato il diritto col sangue, sangue di tutti che fecondò, dalle Alpi al mare, il suolo comune al pensiero dell’Unitá e che diede la vita alla libertá del Piemonte. L’Italia è sorta in virtu’d’una vita collettiva affermata dai martiri del Sud, del Centro, del Nord, non per virtú della vita d’una frazione: ha conquistato metá del proprio terreno alla libertá per moto spontaneo, per volontá di popolo, per armi proprie e del campo italiano guidato da Garibaldi, non per fatto d’armi piemontesi. L’Italia non può rassegnarsi ad essere governata quasi in norma d’ un diritto non suo ma di Casa Savoia: nou può rassegnarsi a imprigionare il concetto del proprio avvenire in leggi e ordini piemontesi, in sistemi di finanza o d’animi-