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(li piú curo al inondo, affrettarla a prezzo di sangue e di risse civili. E però scongiuro il Capo del (Gabinetto nionarcliico. chianiaro a sottentr:ire a Cavour, a por mente a quello ch’iodico. 11 malcontento, segnatamente nel Sud d’Italia, è grave, piú grave eli’ altri non pensa: grave tanto da chiudere in sé la minaccia lontana d’ uua insurrezione, la minaccia d’una violazione di quella LTnitá Nazionale, che ha costato tanto pianto di nuidri e tanto sangue di prodi. Se quel malcontento dovesse durare insoddisfatto, sprezzato, per solo un anno, le gare municipali, le passioncelle e gli orgoglinzzi lo(;ali che il fascino d’una grande idea soffocava, spegneva, dopo la pace di ViUafranca. riarderebbero pericolosi davvero.
E le cagioni del malcontento son queste: L’ Italia vuole essere Italia, e non Piemonte ingrandito: vuole Roma e non Torino a suo centro: vuole la terza vita del suo popolo, di tutto il suo popolo, e quindi una legge, un patto per quella vita, non la vita del Piemonte, di quattro milioni d’uomini, mille o bene interpretata quaudo Italia non era, sostituita alla sua. Questo, quanto all’interno.
Quanto all’esterno, l’Italia vuole essere indipendente, dall’Austria in Venezia, dalla Francia in Roma: essa vuole la sua frontiera dell’Alpi e la sua Capitale: con forze propiie, senza concessioni funeste o vergognosi compensi, in nome del proprio diritto e de’ suoi ventidue milioni di popolo. Essa vuole Roma e Venezia col piú breve indugio possibile, perché la prolungata schiavitii dei fratelli che per quattro milioni d’ uomini era un dolore, per veutidue milioni è una vergogna e un rimorso: — perché Venezia è centro d’ una propaganda e d’ una forza ne-