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l’Uiiitii. iiiii (Iella iiioiiaicliia. Uomini di st^tta. non della nazione, dominati, non da una fede, ma da una politica d’ /u^erej.s.si, e irritati dell’altrui costanza per la coscienza dei loro frequenti mutamenti, saluterebbero, a torto, nella nostra apostasia, la loro discolpa. Si terrebbero beati, piú che d’ogni altra cosa, del potere disonorarci. Rinnegate, ci dicono, dichiaratevi convinti che la monarchia è l’ottima fra le istituzioni: siate, non liberi uomini, ma ciechi e servili. e presti ad arrestarvi, o muovervi, al suo cenno, non a quello del Giusto e del V^ero; presti a dichiarare che Roma non è nostra, se la tirannia straniera non lo consente, e vi accoglieremo. Dove no. sarete, per noi; nemici.

La soia ragione per cui il Governo non può riconoscere ti grado degli ufficiali veneti, è perché non vnol riconoscere anche quelli della repubblica romana (Cavour: tornata del 28 giugno). iVow credo che si debba andare incontro a tutti quelli che hanno combattuto sotto una bandiera che non era la nostra. Non tutti fecero adesione alla monarchia.... Possiamo rispettarli: ma per noi sono avversarii, nemici. Non consentiremo mai a che nulla si faccia a prò’ di loro (Cavour: tornata del 29).

A queste parole io avrei potuto fare una assai amara risposta: e l’avrei fatta. Oggi tg,ccio davanti a una tomba. Gli uomini, ignoti a me meutr’io scrivo, chiamati a rappresentare in Italia la monarchia, possono adottare migliore e piú conciliativa politica. È ad essi, quali essi siano, che bisogna l)arlare, additando la via per la quale può ancora rifarsi una concordia ch’oggi non esiste, e ch’è nondimeno necessaria al rapido sviluppo dei fati Italiani.