Pagina:Mazzini - Scritti editi e inediti, LXIX.djvu/257

grani e veudendo a caro prezzo farine africane viziate. E dura tuttavia nelle poesie popolari di Sas sari l’infamia d’un Maccarani. g^overnatore, il quale esigeva, per suoi tíni, dall’amniinistrazioue civica una chiave dei depositi di frumento, vietava, per farne monopolio proprio. l’approvigionameiito del mercato alle vicine localitá, e costringeva il popolo a comprare da un Piattoli, inteso con lui, grano guasto procacciato in Livorno.

ÌTon pertanto, prima del 1793. si mescolavano al male bagliori di bene — o di speranze di bene. Dopo il 1793. regnò in Sardegna il male, senza confine e senza contrasto. La Sardegna scrisse nel 1792 e nel 1793 una delle piú gloriose pagine della nostra storia; piena di fedeltá al re e d* abborrimento magnanimo contro lo straniero, che serbò l’isola all’Italia e. se ricordata dai Sardi, dovrebbe, checché si trami, serbarcela in oggi: i discendenti degli uomini che respinsero il primo Bonaparte dalle piazze della ^Maddalena, non possono cedere alle seduzioni dell’ultimo. )>^on parlo della difesa contro gli assalti dell’Ammiraglio Truguet. ma dell’ardore di sagritício col quale fu preparata. Mentre il "governo operava a rilento, e peggio, tanto da far credere allora, come oggi, che s’avesse in animo di ceder l’isola alla conquista straniera, i Sardi, al primo minacciar dei Francesi, sorgevano energici, operosi, devoti: «E chi offriva, — cito il sunto del Manno — egregie somme di danaro, chi frumento e derrate in gran copia, chi soldati nazionali a cavallo o pedoni armati e sostentati a propria spesa. Ebbevi chi mandò al vice-re la nota delle sue sostanze e lo stato del proprio patrimonio colle piú minute indicazioni: