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eterna dal jatto d’un giorno, l’oppressione dalla libertá. E voi v’illudete a credere di giovare in tal modo alla Patria Germanica. Non si giova mai alla patria, signori, chiamandola a disonorarsi.
Vive, signori, nel mondo una legge di retribuzione piú forte assai di tutti i sofismi d’ un egoismo materialista, piú forte di tutte le posizioni militari possibili; è la legge che dice: V ingiustizia non prevarrá eternamente: l’oppressione è un suicidio. Voi potete verificar questa legge attraverso la storia. Il presente ve la rivela nella condizione attuale del l’Austria, nel moto irresistibile di dissolvimento che vi progredisce, in quel grido di Nazionalitá che credevano aver sofl’ocato nell’inchiostro dei sofismi e nel sangue dei martiri, e che rivive oggi minaccioso, vi piaccia o no, dalle viscere di dieci popoli a un tempo. Voi non conserverete, signori, Venezia all’Austria. Com’è vero ch’io scrivo queste linee, Venezia sará, senza lungo indugio. Italiana. Forza umana non può impedirlo. S’io dunque non pensassi che all’Italia,, tacerei, ve lo accerto, fidando al futuro la mia risposta. Ma ecco quali sarebbero, se mai la Germania potesse ascoltarvi, le conseguenze della vostra meschina politica. Essa non diminuirebbe menomamente i pericoli che vi minacciano, non alle Alpi, ma sul Reno: e aggiungerebbe ad essi tutti quelli che possono scendere dall’irritazione d’un popolo ridesto in oggi con buoni istinti e valore, ma incerto della propria via e voglioso d’appoggio. Essa isolerebbe la vostra causa in Europa. Essa somministrerebbe al solo potere, che voi dobbiate veramente temere,