Pagina:Mazzini - Scritti editi e inediti, LXIX.djvu/221

Xoi siamo ventidue milioni, e abbiamo meno di 200.000 soldati.

li^ siamo in rivoluzione: si tratta per noi d^ essere o non essere, di vita o di morte: siamo in condizioni d’eccitamento, nelle quali può cliiedersi, con certezza d’Ottenere, qualunque saorificio al paese. Io non chiedo all’Italia i miracoli dell’Olanda, quand’essa combatteva le battaglie dell’indipendenza e poneva in arjni su due milioni di popolazione 1 30.000 soldati. Xon chiedo ad essa d’eguagliare la Francia del 1704 che su ventisei milioni di popolazione opponeva alla lega dei re nemici un milione e duecento mila combattenti. i!fon ricordo ad essa l’insurrezione Greca, nella quale uomini, donne, sacerdoti eran militi. Chiedo all’Italia ch’essa chiauú ad armarsi, tra milizie ed esercito regolare, il tre per cento della sua popolazione. È questa a un dipresso la proporzione adottata in ogni paese per una guerra qualunque, di governo a governo, per una cagione d’importanza secondaria, talora ingiusta e non approvata dalla magg^ioranza del paese, non come la nostra, d’ un popolo che vuol vivere contro un governo che lo condanna a perire.

Chiedo all’Italia, in nome della salvezza comune. dell’Unitá che ha giurato ottenere, delle molte vite che uno sforzo supremo, una manifestazione imponente, abbreviando la lotta, risparmierebbero. dell’onore e della necessitá suprema di lion cadere e di non far che l’Europa dica: potevano, e non vollero, di porre su venti sei milioni — e dico ventisei milioni perché la Venezia ha dato prima il suo contin gente — dagli ottocento ai novecento mila uomini, per tre mesi, in armi. Aprite, o Italiani, le storie dei vostri Comuni: vi mostrerauno ben altra cifra.