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104 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
perpetuare il pessimo fra i dispotismi, la casta morale.
Ciò che quel sistema protegge ha nome arbitrio non libertà. Libertà vera non esiste senza eguaglianza, e l’eguaglianza non può esistere fra chi non move da una base, da un principio comune, da una coscienza uniforme del Dovere. La libertà non si esercita che al di là di quella coscienza. Io vi dissi poche pagine addietro che la libertà vera non consiste nel diritto di scegliere il male, ma nel diritto di scegliere fra le vie che conducono al bene. La libertà che invocano quei falsi filosofi è l’arbitrio dato al padre di scegliere il male pel figlio. Che? Se un padre minacciasse di mutilazione, di un guasto qualunque il corpo del suo fanciullo, la società interverrebbe invocata da tutti; e l’anima, la mente di quell’essere, sarà da meno del corpo? La società non potrà proteggerla dalla mutilazione delle facoltà, l’ignoranza dalla deviazione del senso morale, la superstizione?
Quel grido di libertà d’insegnamento sorgeva giovevole un tempo e sorge giovevole anch’oggi dovunque l’educazione morale è un monopolio d’un governo dispotico, d’una casta retrograda, d’un sacerdozio avverso, per natura di dogma, al Progresso: fu un’arme contro la tirannide; una parola d’emancipazione imperfetta ma indispensabile. Giovatevene ovunque siete schiavi. Ma io vi parlo d’un tempo in cui la fede religiosa avrà scritto sulle porte del tempio la parola Progresso e tutte le istituzioni ripeteranno sotto varie forme quella parola, e l’Educazione Nazionale dirà sul finire dell’insegnamento all’allievo: a te, destinato a vivere sotto un Patto comune fra noi; noi abbiam detto le basi fondamen-