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102 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
stata loro assegnata: quale sia il programma morale, sociale e politico della loro Nazione; — quale lo spirito della legislazione dalla quale le opere loro debbono venire giudicate: — quale il grado del progresso raggiunto dall’Umanità: — quale quello da raggiungersi. E v’importa ch’essi sentano fin dai primi anni giovanili di essere stretti in uno spirito d’eguaglianza e d’amore verso un intento comune, coi milioni di fratelli dati loro da Dio.
L’Educazione, che deve dare ai vostri figli insegnamento siffatto, non può venire che dalla Nazione.
Oggi, l’insegnamento morale è anarchia. Lasciato esclusivamente ai padri, è nullo dove la miseria e la necessità d’un lavoro materiale quasi continuo tolgono ad essi tempo per educare e mezzi per sostituire educatori a sè stessi: tristo, se l’egoismo e la corruttela hanno pervertita e contaminata la famiglia. I fanciulli sono dati a tendenze superstiziose o materialiste, di libertà o di rassegnazione codarda, di aristocrazia o di reazione contr’essa, a seconda dell’istitutore prete o laico, che le tendenze paterne scelgono dove esistono mezzi. Come possono, cresciuti a gioventù, affratellarsi in concordia d’opere e rappresentare in sè l’unità del paese? La società li chiama a promuovere lo sviluppo d’una idea comune alla quale non furono iniziati mai. La società li punisce per violazioni di leggi talora ignote, e delle quali lo spirito e lo scopo non sono insegnati mai dalla società al cittadino. La società desidera da essi cooperazione e sacrificio per un fine che nessuna scuola svolge ad essi sull’aprirsi della loro vita civile. Strano a dirsi: gli uomini della dottrina, alla quale ho accennato poc’anzi,