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84 | dei doveri dell’uomo. | [1841-1860] |
repubblicana, gli uomini di quei tempi erano repubblicani; dove signoreggiava il dispotismo, erano schiavi noncuranti di progresso e sommessi. Ma poi che dappertutto, sotto la forma repubblicana come sotto la tirannide, trovavano divisa la famiglia umana o in quattro caste, come in Oriente, o in due, di cittadini liberi e di schiavi, come nella Grecia, accettavano la divisione delle caste o la credenza in due nature diverse d’uomini; e l’accettarono i più potenti intelletti del mondo Greco, Platone e Aristotele. L’emancipazione della vostra classe era, tra siffatti uomini, una impossibilità.
Gli uomini che fondarono, sulla parola di Gesù, una Religione superiore a tutte le credenze del vecchio Oriente e del Paganesimo, intravidero, non conquistarono, la santa idea contenuta in questa parola: Progresso. Intesero l’unità della razza umana, intesero l’unità della legge, intesero il dovere di perfezionamento nell’uomo: non intesero la potenza data da Dio all’uomo per compirlo, nè la via per la quale si compie. Si limitarono essi pure a desumere le norme della vita dalla contemplazione dell’individuo; l’Umanità come corpo collettivo, rimase loro ignota. Conobbero la Provvidenza e la sostituirono alla cieca Fatalità degli antichi; ma la conobbero come protettrice dell’individuo, non come Legge dell’Umanità. Collocati fra l’immensità dello scopo di perfezionamento che intravedevano e la breve povera vita dell’individuo, sentirono il bisogno d’un termine intermediario tra l’uno e l’altro, fra l’Uomo e Dio, e non possedendo l’idea dell’Umanità collettiva, ricorsero a una incarnazione divina: dichiararono che la Fede in essa era sorgente unica di salute, di forza, di grazia, all’uomo.