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per un momento sospesi. La camemera era molto piccola e mi accorsi, che entrando non solo io aveva spezzata la porta, ma lacerata ancora una larga portiera, fra le cui pieghe mi poteva anco celare, se creduto lo avessi necessario. Nessuno era dentro la camera, e perciò ebbi tutto l’agio di considerarne il particolare mobiliamento.
In mezzo era una tavola coperta di un drappo, sul quale si vedeva collocato un vaso di una forma bizzarra ed un libro che io svolsi indarno senza poter leggerne una parola. Lo presi dunque per un libro di magia, e lo richiusi all’istante con un sentimento di orrore. Desso però non era, che un libro ebraico. Scorsi pure sulla tavola un coltello, ed al piede di quella era legato un gallo, le cui strida annunziavano la impazienza, che gli cagionava la sua catena. Cotesti preparativi mi parvero singolari, e non dubitai che egli non indicassero un prossimo sacrifizio; io fremetti e m’inviluppai nella portiera, che entrando io aveva lace-