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All’interrogatorio seguente le questioni furono piucchè mai serie e pressanti. Io confessai senza esitare di aver riveduto l’ente misterioso, il quale senza permesso e senza impedimento poteva penetrare le mura del Sant-Uffizio. I giudici tremavano su’ loro seggi nel mentre che io loro ne faceva la relazione. Io ripetei tutto quello, che si era passato tra di noi, ad eccezione della sola proposizione, che io aveva risoluto, come testè vi ho detto, di non rivelare a chicchessia. Avrebbero i giudici voluto esigere da me che io continuassi, ma io mi ricusai. Essi si parlarono all’orecchio, ed in quell’intervallo avendo girato lo sguardo inquieto e tristo intorno il salone mi venne fatto di vedere assisa ad un tavolino una persona ricoperta di un manto nero, la quale poneva in iscritto le risposte degli accusati; desso era il compagno della mia fuga, divenuto uno degl’inservienti del tribunale. Perdetti ogni speranza quando vidi il suo occhio feroce e perfido che rassembrava a quello di una