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della mia ragione, non vogliate rider più, o almeno non ridete in cotesta maniera. — Bisogna bene, che io rida, giacchè non saprei piangere, disse Melmoth fissando su di lei i suoi occhi adusti ed ardenti, che dal chiaror della luna erano renduti più visibili. È molto tempo che la sorgente delle mie lagrime si è in me disseccata, come quella d’ogni altra umana felicità. — Io saprò piangere per ambedue, gli rispose Isidora, ed intanto versava lagrime in abbondanza, e lagrime di rimembranza e di dolore: quando coteste due sorgenti di pianto si uniscono, proseguiva ella, Iddio solo e le infelici creature sanno, se le lagrime mi scorrono dagli occhi in abbondanza. Serbate coteste lagrime per la nostra ora nuziale, mia amabile fidanzata, disse fra se medesimo Melmoth, voi non ne avrete bastanti.
Isidora cedendo ad un movimento naturale al cuore delle femmine, con voce mal sicura gli disse: Se voi mi amate, non venite più in traccia di me in segreto; la mia genitrice, ben-