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re il suo rango per mezzo di un matrimonio con qualche individuo di una illustre famiglia; egli la contemplava con una parzialità mista di egoismo, poco onorevole però e per chi l’ispira e per chi la risente.
In compagnia di simili persone la figlia della viva e sensibile Immalia, la figlia della natura, era condannata a vedere appassire il fiore di una esistenza trapiantata in un clima tanto poco per lei confacente. Il suo singolar destino pareva, che non l’avesse allontanata da un deserto fisico, se non per trasportarla in un deserto morale. Cotesta sua ultima posizione era forse più triste ancora della prima. Egli è certo che il più lugubre punto di vista non offre nulla di più angustiante, quanto l’aspetto delle persone sulla fisonomia delle quali indarno cerchiamo di scoprire una espressione, che corrisponda a ciò che noi sentiamo. La sterilità della natura può considerarsi abbondanza comparativamente a quella di un cuore, che comunica la sua desolazione a tutto ciò, che gli sta d’intorno.