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tanto strano, che cotesta mutazione di stato mi ricolmò di non poca maraviglia. Io medesimo era già talmente cambiato, che avrei riguardato come un fenomeno il ritrovare gli altri miei conoscenti nello stato medesimo in cui lasciati gli aveva.
Ma i cambiamenti si succedettero con tanta rapidità, che produssero sopra di me l’effetto che generalmente suol produrre l’ubbriachezza. Io non aveva che dodici anni, e le abitudini ristrette della mia infanzia avevano su di me prodotto l’ordinario loro effetto, vale a dire, che avevano esaltata la mia immaginazione a scapito di tutte le altre facoltà. Ogni volta che la porta della mia camera si apriva io mi aspettava una nuova avventura; lo che però succedeva molto di rado, quando cioè mi annunziavano l’ora della preghiera, del pasto o della passeggiata. Il terzo giorno dopo il mio ingresso nel palazzo dei Moncada la porta del mio appartamento si chiuse ad un’ora insolita, e questa circostanza mi fece tremar di spavento. Vidi entrare i miei genito-