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viaggio. Passava l’estate percorrendo le vie deserte della città, ed in ogni trimestre la consueta lettera gli portava una scarsa, ma puntuale rimessa accompagnata da rimbrotti sulle spese enormi della sua educazione, da consigli di economia e da lagnanze: sul ritardo de’ fittaiuoli e sul basso prezzo delle terre.
A tutte coteste rimembranze univasi quella delle ultime parole di suo padre: «Giovanni, mio povero figlio, vi deggio abbandonare. A Dio è piaciuto di togliervi il vostro genitore prima che esso abbia potuto fare ciò che renduta avrebbe questa separazione meno penosa. Da quinci innanzi, Giovanni mio, bisogna che riguardiate il vostro zio come l’unico vostro appoggio. Egli ha delle debolezze e delle bizzarrie, ma conviene che voi apprendiate a sopportarlo, siccome molte cose che non tarderete molto a comprendere. Possa quegli, che è il vero padre degli orfani aver pietà di voi, mio figlio, e toccare il cuore di vostro zio in favor vostro!» La rimembranza di cotesta