Pagina:Maturin - Melmoth, I, 1842.djvu/149

140

della procella. Una tal circostanza, quantunque fosse da ammirar sommamente, colpì meno il nostro giovane, che non la insensibilità, che egli testimoniava al terrore ed ai pericoli da cui era circondato; onde esclamò vivamente: Giusto cielo! possibile, che una creatura umana rimanga là senza fare uno sforzo, senza esprimere un sentimento in favore di questi miseri che sono prossimi a perire? Dopo alcuni istanti di silenzio egli intese distintamente questa parola: muoiano. Alzò gli occhi, e vide lo straniero che era tuttora al medesimo posto con le braccia incrociate sul petto, con un piede sporto in avanti, immobile in mezzo alle onde spumose dalle quali era incalzato. Per mezzo del pallido raggio della luna Melmoth potè osservare che esso considerava quella scena con una espressione di fisonomia formidabile, crudele, la quale attitudine non poteva se non muovere ad ira. In quel momento medesimo un maroso andò ad urtare con impeto contro la parte della nave che