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riso su le labra. Egli non se ne dolse, non si lamentò; ma rifuggì sempre in appresso dalle lusinghe di un’affezione che avea sperimentata amarissima, e alle cure e alle delizie della famiglia sostituì quelle della carità e della scienza.

Quest uomo di angelici costumi, mite, e veramente melancolico, era nella società degli amici affabile, umano, ed infiorava i suoi detti di sali e scherzi graziosi; dimodochè nell’udirlo brillava su ’l volto agli ascoltatori quel riso e quella letizia che rare volte potevano avvisarsi su le labra e su la fronte di lui. Così tra il ristretto novero degli amici e tra l’ampio dei poveri festeggiato ed amato viveva, quando assalito da febre putrido-reumatica nell’età di anni 51, dicendo ai dolenti amici accorsi attorno al suo letto inspirati versi di rassegnazione e di lode al suo Creatore, passò agli eterni riposi li 30 Maggio 1804, dopo di avere spesi i suoi giorni nella imperturbabilità del filosofo, nella rassegnazione del Cristiano, e nelle assidue fatiche di sua professione; chè se pure venne còlto da’ guai della vita, non gli mancò mai una maschia virtù a sostenerli. Il compianto dei poveri e di tutta Padova diede alle funebri pompe quella religiosa e mesta solennità ch’è il supremo doloroso saluto della patria alle spoglie dei più cari tra’ figli suoi.