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Le rane non vivono sommerse nell’acqua che a temperature molto basse, altrimenti vengono alla superficie e respirano l’aria atmosferica. Anche i pesci presentano fenomeni simili a quelli che abbiamo notato nelle rane. Nei pesci sommersi in una quantità d’acqua aerata che non sia in contatto dell’atmosfera, la durata della vita si prolunga tanto più, quanto più è bassa la temperatura dell’acqua stessa.

Abbiamo veduto in un’altra Lezione verificarsi questa legge sulla torpedine, la quale immersa nell’acqua calda presto vi moriva, dando fortissime scariche, mentre viveva lungamente, dando poche e deboli scariche, nell’acqua fredda. La relazione trovata fra la respirazione e la temperatura del mezzo in cui vivono gli animali, di cui si è parlato, non è che una nuova prova della natura chimica di questa funzione.

L’uomo, ed i mammiferi in generale, possono sopportare temperature molto più elevate. È famosa l’osservazione di Tillet e Duhamel i quali videro una giovane rimanere per 12 minuti in un forno in cui la temperatura fu da essi trovata di 128° C. Delaroche e Berger hanno introdotto conigli, gatti e diversi altri animali vertebrati in una stufa riscaldata da +56° a +65° Questi animali vi perirono dopo pochi minuti. I detti osservatori hanno conchiuso da un gran numero di esperienze, che i vertebrati esposti ad un’aria secca e calda a +45.° C. sono prossimi al limite di temperatura in cui è ad essi dato di poter vivere. Sembrerebbe dunque che per l’uomo solo questo limite sia più elevato; difatti, oltre al caso già citato, vi sono altre osservazioni, sull’esattezza delle quali non può cader dubbio. Dobson racconta d’un giovine che stette in una stufa a +98°,88 per 20 minuti, mentre il suo polso da 75 pulsazioni che dava ordinariamente per minuto, giunse a 164. Berger rimase per 7 minuti nell’aria a +109°, e Blagden in quella a +127°.