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ritto di fare la felicità delle persone che ci amano, chi vorrà, chi saprà mai rinunziarvi? Quello di vedere il tremore di emozione nelle manine dei piccoli e il luccicare degli sguardi femminili, innanzi al dono, è un diletto dell’animo così squisito, che tutti i buoni e onesti cuori degli uomini, lo pregustano con delizia, b così raro un minuto di felicità, il mistico minuto, di cui parla Faust, che il poterlo dare, il poterlo vedere il poterlo sentire, felicità della felicità, fa segretamente benedire, all'uomo più scettico, il ritorno di questi giorni, poetizzati dalla nascita del più affettuoso e più amato fra i bimbi, del Piccolo Figlio, poetizzati dalla maternità di Maria!

III. Il dono: quel che si deve donare

Dono semplice, privo d’immaginazione e sbrigativo: un vestito. Si può dare a una mamma, a una sorella, a una moglie. Dono di mediocre effetto, accolto con freddezza dissimulata. Le donne non amano i regali che si consumano.

Dono utile, leggermente fantasioso nella forma e spesso superfluo: un ombrellino, un manicotto, un boa di piume. Si dà, idem, a persone femminili di famiglia, talvolta, a persone femminili molto intime ma fuori famiglia. La differenza è che l’ombrellino per donna, in casa, costa ottanta lire: per donna fuori di casa, trecentocinquanta.

Dono pratico, meditato da lungo tempo: mi servizio di piatti, di bicchieri, di tazze, che il marito offre alfa moglie. Ne mancava, la casa, da tanto tempo! Ma la moglie fa una smorfia agrodolce.

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