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l’ultima di casa Savella, colei che languiva in una dolce e molle follia, coltivava il gran giardino, tutto rose. Ogni tanto, pietosamente, gli amici di casa Savella andavano a passare un quarto d’ora con la pazza, che li conduceva subito in giardino, fra le rose, fra i profumi. Era una creatura di quaranta anni, magra, magra, vestita di nero, con un gran grembiale di cotonina azzurra, per non sporcarsi di terriccio.

— Volete delle rose? — disse donna Lucrezia Savella, con la sua voce gutturale.

— Una soltanto.

— Anche venti, anche cinquanta.

E la folle si mise a tagliarle, con un coltellino sottile, e ne raspava gli steli per toglierne le spine: e le buttava leggermente a don Francesco.

— A chi le date? — A una persona che vi vuol bene?

— No, donna Lucrezia.

— Allora, a una che amate?

— Sì.

E se ne andò, carico di rose, empiendone il piccolo coupè, non osando muoversi per non schiacciarle. Villa Nada taceva sotto il sole d’inverno. Entrò nell’immenso salone terre-