assai fredda, assai tranquilla, allora, quando faceva questi ragionamenti psicologici: e andava formando la mia educazione umana, lentamente, per non cadere nell’errore. Ero così fredda, che potevo scrutare nei cuori umani, come nel mio, e leggervi l’egoismo, lo scetticismo, la indifferenza: e leggervi, peggio, la volgarità, il calcolo, la venalità. Non volevo legare la mia esistenza nell’amicizia o nell’amore, che per l’amore: non volevo darmi a chi non mi amava. Voi lo avete conosciuto, Guido Arezzo? Siciliano, bruno, ardente, pieno d’immaginazione, col sangue bruciante, che gli bruciava le vene, egli diceva di avere una furiosa passione per me, che ero inglese, bionda, pallida, anemica, glaciale. Egli ha dato le dimissioni, egli andava, alla messa, per vedermi: egli aveva la parola calda e la frase prorompente; era ricco quasi quanto me, e libero, e giovine, e nobile: tutti mi dicevano che egli mi amava e che io doveva sposarlo. Ma non mi ha convinta, mai un minuto, perchè io sentiva il vuoto dell’anima sua, sotto le sue parole, perchè io vedeva, passata la vampa fugace, tutto un avvenire glaciale, una unione di due persone che tutto divideva, il carattere, la nascita, lo spirito. Oh, se ci fosse stato