fanciulle e andava via. A un tratto, nel salone da ballo, una dama comparve, donna Maria di Lanciano: una dama alta e snella, dal busto lungo e fine, dalle braccia magnifiche, dal collo grasso. I fulvi capelli erano rialzati sul capo, in una densa massa corruscante: e un diadema ducale, a stelle, vi scintillava. Ella vestiva di nero, cosa strana, in un ballo: un lungo strascico di amoerro nero ondeggiava dietro, con onde cupe. Una collana di brillanti scintillava sul petto: e le maniche erano soltanto due fitte strisce di brillanti, che reggevano il vestito sulle spalle nude. La bocca grande ed espressiva scopriva i denti brillanti, simili a quelli di Berenice, nella novella di Edgardo Poe. Gli occhi verdi, assai verdi, erano profondi di luce smeraldina. Ella era ferma, sotto l’arco della porta — e non parlava, sorrideva a qualcuno, che era ancora nel salone da ballo. Questo qualcuno la raggiunse, le offrì il braccio, muto, guardandola negli occhi, guardandola nel sorriso. Era don Francesco. Lentamente, ma senza parlare fra loro, don Francesco, il bel principe indifferente e freddo, donna Maria di Lanciano, la bella dama vestita di nero, passarono innanzi alle due fanciulle, senza salutarle, senza vederle: se ne