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porta via la chiave di casa e ripete, passando, al portinaio:

— Giacomino, andiamo al teatro, si torna tardi.

Arrivano, le porte sono ancora chiuse, passeggiano, vedono giungere gli attori, i pompieri, i carabinieri; appena si aprono le porte, entrano in teatro, è oscuro sono i primi — non importa. Ci sono. Con che orgoglio prendono possesso dei loro posti! Come ammirano tutto! Come esaminano minutamente ogni signora che entra!

E quella, sera la Marini recitava nella Signora delle camelie.

Comprendete? Sulla scena la Marini ride, folleggia, freme, ama, singhiozza, agonizza: e lassù quelle quattro fanciulle sono attente, commosse, trasportate; questa impallidisce, una diventa rossa, un’altra fa il viso serio e stringe le labbra come un fanciullo che abbia bevuto un vino troppo forte: all’ultima scorrono le lagrime e sono ribevute dalle guancie accaldate. Negli intervalli esse rimangono silenziose, distratte, quasi stordite, — ed intanto guardano una bella figura di donna, tutta sola in un palco, la