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80 | matilde serao |
lì, in un angolo polveroso a guardare, a prolungare quello strazio interno: vengono i vicini a salutarvi e si scopre che quella gente era buona ed onesta; è un tormento. Passano, passano le ore, pare un triste sogno; è invece una realtà — il nuovo abitante è venuto, vuole la casa sua, vi scaccia. Si gitta intorno un’ultima occhiata: lentamente, con le labbra serrate ed un gruppo nella gola, si parte.
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La nuova casa. È un’estranea: non la conoscete, non vi conosce, non avete vissuto con lei, le sue mura sono mute, hanno parlato ad altri; è fredda, vuota, sembra un deserto, sembra una rovina, ci si parla a bassa voce, come in una piazza. Sorprese dappertutto; anditi, scalette, porticine, e non si sapeva nulla, ed in quei momenti eccezionali sembrano tradimenti, trabocchetti; la notte non si dorme, si sta a disagio; gli oggetti non trovano il loro posto, tutto va di traverso. Qualche sera per una soave distrazione, si prende l’antica strada, perchè della nuova casa non si sa che farne; si vuole la vecchia, la vecchia e buona casa che è senza tradimenti, senza sorprese, che ama, parla, com-