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che al ballo fu distratto in modo deplorevole. La baronessa Stefania gli gittò sguardi fulminei che egli ebbe l’impertinenza di non vedere, anzi, profittando di una quadriglia che teneva occupata tutta la sala, egli se ne andò senza salutare nessuno.

Ritornato a casa, si ritrovò in un ambiente trasformato, insolito, nuovo: era stata data aria al grande salone chiuso da tanto tempo; nelle camere da letto erano accesi i lumi, gli armadi erano spalancati, si sentiva un sottile odore di violetta. Nel salottino il pianoforte aperto e la musica squadernata sul leggìo, fiori freschi nei vasi, cangiato l’ordine dei mobili, ed Emma in veste da camera, che si ergeva sulla punta dei piedi per prendere una statuetta da un êtagére.

Era un sogno quello? Emma in casa che lo attendeva.... cioè i tre anni di assenza cancellati; cancellato quel doloroso giorno della separazione.... che follìe!

— Buona sera, — disse Guido, e passò.

— Buona sera, — rispose lei senza voltarsi.