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commedie di salone 191


spetto che portava alle donne vecchie, il non averne mai compromessa una giovane, un certo senso di lealtà che traluceva da ogni suo atto, avrebbero fatto perdonare qualunque difetto anche più grande. Sovratutto egli rifuggiva dagli slanci, dagli entusiasmi incomposti, dalle passioni senza regola; amatore profondo della pace, credo non intendesse le ambizioni sfrenate, le altezze inaccessibili; le sublimità lo meravigliano, senza attirarlo. Si era fatto un piano di vita quieta, calma, scorrevole: avrebbe prima goduto la gioventù libera, poi si sarebbe ammogliato, senza troppe furie, con una persona simpatica, poi... Intanto cercava la persona simpatica.

Così una notte, fra una polka ed una gita al buffet fece a Flavia una mezza dichiarazione che spuntava da un complimento, sussurrato più che detto. Lì per lì ci risero, se ne scordarono; si rividero, ricominciarono, si lasciarono andare alla china: una parolina furtiva, un’allusione mal celata, un sorriso speciale, un brano di conversazione riannodata ogni tanto, ecco tutto. Eppure amore era quello, amore come essi lo intendevano: cioè, amore fine, leggero profumato, sottile, lasciato, ripreso con un’ombra di gelosia per rinforzarlo, ma niente più che un’ombra; amore palliduccio, ma che continuava a vivere bene, come molte persone pallide.