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sarebbe venuta fuori interessante e spiritosa dalla penna di Gaetano, si poteva riprendere una vecchia commedia di repertorio, non rappresentata da una trentina d’anni, dopo avervi praticate delle rifazioni. Che ne diceva il carissimo Gaetano, il sostegno del teatro S. Carlino?

Gaetano rispondeva di sì: avrebbe fatta la parodia, avrebbe praticate le rifazioni; egli era il sostegno del teatro S. Carlino, se ne accorgeva, se lo sentiva addosso il teatro, pesante ed irremovibile. E si accinse al lavoro; scrisse a Sofia che una importante operazione finanziaria, una grossa liquidazione, gli impediva di andar da lei per quattro o cinque giorni, che presto sarebbe ritornato, che l’adorava sempre. Nell’impastare alla meglio quella parodia del Rigoletto egli provò un amarissimo piacere ritrovandosi nella persona dello sventurato gobbo, cui unico conforto alla vita di buffone era l’amore della figlia: egli si compiaceva ferocemente contro sè stesso, mettendo in caricatura l’amore paterno del buffone e l’innocenza della figliuola, rilevando la gaia dissolutezza del Duca di Mantova. Egli, Gaetano, avrebbe fatto nella parodia la parte di Gilda, vestito da donna, cioè arrivando all’ultimo grado dell’avvilimento; giorno per giorno si configgeva nelle