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Veramente si trattava di una spettatrice: era una giovinetta che stava nel palco numero due di prima fila, seduta di fronte alla scena e quindi vicinissima. Una giovinetta dal volto pallido e lunghetto, un po’ magro; sulle linee esili del collo ricadevano due grosse treccie nere che erano appuntate, con semplice ed elegante ornamento, da certe stelle di tartaruga bionda; vestiva un abito di lana grigia, terminato alla radice del collo da una arricciatura di merletto bianco, chiuso a quel punto da una stella più grande di tartaruga; oscuri i guanti. Aveva ascoltato con molta attenzione, ma la serietà del viso non si era diradata: anzi una certa fierezza trapelava dalla fronte stretta e bianca, dalla linea decisa del mento: non era bella, ma aveva una di quelle fisionomie spiccate, perfettamente individuali che non si possono più dimenticare. Con lei stava una signora matura, vestita onestamente di nero, con un volto somigliante alla giovinetta, ma le cui linee erano più dolci, quasi ammollite dai capelli bianchi e da un benevole sorriso: sua madre forse.

Ma Gaetano non si curava di tutti questi particolari, era preoccupato dalla gravità della fanciulla. Non era malinconia, non era dolore, non era neppure indifferenza: il sentimento che si