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non ricerca quasi mai la fisionomia nascosta sotto la maschera: per lui, Pulcinella non è un uomo, non è una personalità simile ad un’altra, ma è un tipo, un carattere, una manifestazione — è lo spirito popolare, sarcastico, ribelle, filosofico, che scoppietta — è la maschera che personifica ed incarna il temperamento meridionale, pieno di fuoco e d’indolenza — è l’aspetto proteiforme di un popolo — è tutto, fuorchè un individuo. Se ne sa il nome è vero; ma pochi sanno il viso.

Però posso assicurarvi che Gaetano Starace, senza essere un modello di bellezza, era molto simpatico coi suoi capelli neri e lievemente ricciuti, cogli occhi vividi e la pelle bianca come quella di una donna. Non era un essere eroico, non era un uomo di grandi sentimenti, ma aveva un cuore d’oro e conservava fedelmente l’eredità del blasone; da tre generazioni nella sua famiglia si diventava Pulcinella per inclinazione, per abitudine, per trasmissione nel sangue, come le malattie ereditarie. Quando un fanciullo veniva su, non si pensava ad avviarlo per nessuna carriera, per alcun impiego; il suo mestiere era bello e trovato, il suo compito era quello d’indossare l’abito e di rallegrare seralmente, la gente. Era un lavoro faticoso, esclusivo, oppri-