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158 | matilde serao |
era per quella sera formata da tre o quattro famiglie della grossa borghesia, inanellate e vestite della rumorosa seta domenicale; di un impiegato municipale con la relativa arca di Noè; delle figlie piccole di un giornalista, che era andato al San Carlo con la moglie; delle sorelle dell’impresario, serotine e gratuite frequentatrici del teatro; di una frotta d’inglesi, vestiti di tela bianca e col velo verde al cappello, ed infine di un giovanotto abbastanza misterioso, solo in palco, che ascoltava la rappresentazione voltando le spalle al palcoscenico, sbadigliando dietro la mano inguantata: una conseguenza, era evidente. Nessun occhialino: sarebbe stato ridicolo a tre metri di distanza. Il maestro di orchestra un disgraziato pagato ad un franco e cinquanta per sera, squadernava sul piccolo leggio la vetusta mazurka, volgendo un’occhiata pietosa agli otto professori suoi colleghi, che si godevano una paga giornaliera variabile da settantacinque centesimi ad un franco.
Nel palcoscenico un momento di riposo. Là il caldo era soffocante; non veniva un soffio di aria da nessuna parte; la caratterista, che fingeva una vecchiona ricca e benefica, si era levata dal capo una parrucca a riccioloni maestosi, con suvvi appuntata una cuffia di merletto ador-