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152 | matilde serao |
assottigliavano; un giorno l’anello del matrimonio le scivolò dal dito anulare e non si potette più ritrovare. Le serve ne mormorarono per cattivo augurio, ma Silvia non le intese: essa anelava al termine prefisso, corrosa dalla febbre, sempre più esaltata, coi nervi oscillanti e l’anima beata.
Nella camera dell’ammalata tutto taceva, nelle altre stanze si camminava in punta dei piedi e visi contristati si scambiavano occhiate più tristi ancora; il martello della porta era foderato di lana; nella strada avevano sparso la paglia, alcune visite erano state licenziate in fretta. Presso il letto della inferma vegliava solo il vecchio padre: quando il medico gli aveva detto che Silvia era perduta e con lei il bambino, il suo egoismo aveva ricevuto un colpo formidabile, qualche cosa di aspro gli ricercò il cuore ed era il rimorso. Egli impallidiva e tremava, pensando per quanto tempo aveva trascurata la figlia, egli si chiedeva la misura del dolore che gli aveva inflitto con la sua indifferenza; non le aveva mai dato un bacio, mai detto una parola buona, era stato per lei un estraneo. Ora essa, avvelenata da quella crudele noncuranza, moriva.
Silvia dormiva di un sonno affannoso ed ir-