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nee ed alle cose indifferenti, sguardi di amore, spesso le venivano agli occhi lagrime di consolazione, che la soffocavano in una gioia infinita.

In quelle lunghe ora di riposo, Silvia volava con la fantasia ai paesi immaginarii, sprecandovi tutta la forza accumulata nel suo lungo periodo di inerzia. Ecco il bambino, bello, vivo, sangue del suo sangue, cuore del suo cuore; gli occhietti neri luccicavano nel bianco visino, le labbruccie spruzzate di rosso chieggono i baci. — Eccolo nudo e ridente davanti alla fiamma del camino, agitando le gambette, contento del calore e cercando mordere il suo piedino di angelo. Ma è possibile? Questa cosetta rosea, graziosa, quest’animuccia che ancora rammenta le voci del paradiso è suo figlio, suo, suo, suo? Egli dice la prima parola, il caro adorato, vuole la mammà, la chiama, la chiama in tutti gli accenti, e la mammà si nasconde, per udire una volta di più quelle due sillabe scoppiettanti. Presto egli ha voluto camminare e, tutto fiero del suo coraggio, traballando ad ogni passo, cerca raggiungere la mammina che si allontana, sorridendo e tendendogli le mani; cresce, cresce, il bambino è già un fanciullo. Come è felice la madre, appoggiandogli la mano sulla bruna testa, a proteggerlo, a benedirlo, a carezzarlo: come