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silvia | 141 |
donne cui affidare i suoi affari domestici, nè convenendogli stipendiarne una. Due stanze sarebbero assegnate agli sposi, una da letto ed una da studio; comune il salone, la stanza da pranzo ed il resto. Silvia aveva ventimila lire di dote, il doppio alla morte del padre e qualche speranza; il giudice aveva tremila franchi di risparmi, duecentoquaranta lire di stipendio mensili e la speranza di promozione. Fu detto alla fanciulla che era un matrimonio convenevole ed essa lo accettò, come aveva accettato tutti gli altri avvenimenti della sua vita, senza mormorare. L’idea della rivolta non si formava neppure in lei.
Silvia ebbe due abiti di seta, tre cappelli nuovi, un paio d’orecchini di brillanti, un braccialetto di oro con una perla, una grande spilla col ritratto del marito ed una quantità strabocchevole di biancheria, lusso profondamente inutile della provincia, dove i corredi non si consumano e passano di madre in figlia. Fece le visite, con cappello bianco dall’immancabile tremolante marabout, ricevette quelle insipide congratulazioni a fior di labbro, a cui si risponde con un più insipido mormorio: andò alla messa al braccio del marito che le portava il libro di preghiere e l’ombrellino di seta bianca coperto di merletto nero, camminando con passo grave e so-