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alla decima musa 125


te punteggiata di bruno, venata di un azzurro pallido: sono i tacchini dalle forme grasse e rotonde, dondolantisi gravemente allo scirocco con la serietà di quando erano vivi. La luce incerta delle fiaccole profila stranamente le masse enormi della carne di vitello, carne bianca, sanguinolenta, dalla fibra lunga e piena di forza, dall’osso levigato, lucido, senza una macchia; ed illumina in pieno i porcellini bianchi, dalle linee quasi eleganti: tenero, succoso e prediletto pasto delle signore e dei preti. Si cammina sempre e non si vede che carne — ed allora quell’odore di macello fresco, quel sangue rosso-bruno che gocciola, quei colpi di coltello netti, decisi, vi cagionano la malinconia, il disgusto: il trionfo della materia piena, grassa, pesante, sfacciata, sorridente della sua morte che è una novella vita, provocante e nauseante, finisce per ischiacciarvi. Pensate a quel lusso a quel ribocco, a quella esuberanza, a quell’enormezza, con un senso di paura — e ricercate con ansietà impressioni più miti.

Allora entrano in campo gli erbaggi, le verdure, i frutti, la dolcezza vegetale, il tributo della campagna, l’offerta delle pianure e dei boschi. I monticelli dei broccoli verdi, il cui fiore sembra un merletto rilevato, guardano con di-