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ALLA DECIMA MUSA.
Noël, noël! liesse, liesse!
Sopra: una stanzetta quieta e silenziosa, dall’ambiente dolcemente caldo. Una lampada lascia piovere la sua luce eguale e tranquilla sovra le pagine d’un libro simpatico; qui e là un sorriso di amicizia o di amore — le ore che trascorrono lente e placide, come belle persone languenti. Giù: la strada bagnata, infangata, sdrucciolevole per la melma, calpestata da migliaia di piedi; una nebbia fitta che è fumo, umidità, scirocco, fiato di gente; l’oscurità rotta con violenza dal gas, dal petrolio fumigante, dalla luce rossastra delle fiaccole, dai vividi colori dei bengala; l’andare, il venire, l’incontro, l’urto di una folla fitta, continua, sempre rinnovantesi, che parla, ride, grida, schiamazza, canta, urla; — quindi un vocìo che percorre tutta la gamma, dai tòni più alti ai più bassi, coi salti più biz-