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sera lodava i capelli biondi e guardava Pasqualina; un’altra magnificava gli occhi neri e fissava Mariuccia. Era un giuoco continuo di altalene, un succedersi e un alternarsi di periodi uguali e contrarii, una contraddizione regolare e costante. Appena una delle due credeva averlo acquistato, ecco che lo perdeva. Una vittoria aveva appena il tempo di affermarsi, che subito era seguita da una sconfitta. La certezza della conquista definitiva non durava più di un giorno, talvolta più di un’ora: dopo era immediatamente posta in dubbio da una nuova mossa del volubile chincagliere. In questo giuoco tormentoso, in questi colpi di sprone, in questi colpi di frusta, la rivalità delle due fanciulle diventava sempre più grande, il loro animo si aizzava, si esaltava alla lotta — ed il segreto che serbavano, serviva a dare un punto maggiore all’odio che all’amore. Dopo otto mesi nessuna delle due si era avanzata d’un passo; Arturo non si era compromesso con una parola soverchia — e le fanciulle erano arrivate ai rimedii estremi.

Rimedii estremi, ci s’intende: messe in moto tutte le piccole risorse della civetteria borghese, ricercati tutti i mezzi per giungere al cuore del chincagliere, per ottenere una decisione. Fu fatto un grande sciupìo di polvere di riso alla