Il che faceva fremere di compiacenza Pasqualina e Mariuccia e nello stesso tempo le faceva arrovellare dalla gelosia. Arturo si atteggiava a don Giovanni, conosceva per nome tutte le fioraie più o meno brutte che sono in Napoli, urtava le sartine per la strada, dicendo loro la paroletta galante e lasciava intravvedere, sotto un velo modestamente trasparente, mille avventure amorose e misteriose: il che metteva in una continua ansietà le due fanciulle, timorose di vederselo rapire da un momento all’altro. Arturo, la domenica si agghindava, si faceva arricciare i capelli, metteva un fiore all’occhiello, infilava un paio di guanti color sangue di drago, e si faceva trasportare in una carrozzella alla Riviera di Chiaia. Arturo era il miglior direttore di quei giuochi eminentemente stupidi, che con frase espressiva si chiamano giuochi di penitenza, e vi faceva brillare il suo spirito, uno spirito bottegaio ed insolente che mandava in solluchero la società; egli era un abilissimo direttore di quadriglie famigliari il cui massimo è di otto coppie, e vi sfoggiava una pronuncia francese apertamente napoletana, ma la cui erre gutturale solleticava dolcemente le orecchie delle signorine danzanti. Per questi meriti e per molti altri ancora, che si tacciono per brevità, Arturo Pie-