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ro era accolto a braccia aperte: Carlo e Maria portavano dignitosamente il peso della loro popolarità. Infine, non so dopo quanti anni, quattro o cinque, mi sembra, di questa lotta continua, di questi pianti quotidiani, di questo amore allungato, allungato, mantenuto vivo dai dissidi, le cose cangiarono di aspetto. Vi fu una brava persona — ve ne sono ancora — che con molti sforzi di loquela, persuase i genitori che ai processi ci si rimetteva del proprio e molto, testimoni i due avvocati che si erano arricchiti alle spalle dei clienti; che quei due giovanetti si struggevano ed avrebbero dato nel mal sottile per quell’amore contrariato; le case era daccanto; daccanto i possedimenti; Cristo aveva perdonato, perdonassero anch’essi, se volevano trovare perdono: tante ne disse, tante altre persone, mosse dall’esempio, si interposero, che le questioni vennero ad una transazione, la quale aveva per primo capitolo: il matrimonio di Carlo con Maria.

Qui certamente tutti supporranno che i giovinotti furono consolatissimi e supporranno il vero: ma il mio obbligo di novellatrice sincera, mi costringe a dire che nel loro primo colloquio libero regnò un grande imbarazzo. Si erano a-