piccolo, troppo piccolo, infinitamente piccolo: la folla dei poveri, degli infelici, degli infermi, degli abbandonati, cui ella provvide di dignitosa elemosina, di ricovero, di sanità recuperata, di cure materne, la folla, a cui ella dette il suo amore e la sua fortuna, il suo tempo e la sua anima, la folla a cui ella dette sé stessa, in un lungo ed entusiasta olocausto, è immensa. Niun tempio la potrebbe contenere e ognuno di costoro, poiché gli oscuri, i derelitti non dimenticano, certo, ogni volta che il suo spirito si effonde nella preghiera, rammenterà il nome di Teresa Ravaschieri. Ed è, forse più giusto domandare a Lei, dal suo eterno riposo che ella ci preghi pace: assai più giusto che noi, combattuti, trafitti, stanchi, oppressi, senza più guida nell’esistenza, chiediamo pace a Lei. Ella lottò e vinse, nel nome di Dio e nel nome della virtù, d’amore che raccoglie tutta l’umanità. Assai prima, di morire, ella era in pace. Ella aveva detto a Dio le parole estreme, assai prima di morire: e aveva avuto il dono della pace. È alla nostra nave pericolante, in gran tempesta, nella notte, che bisogna chiedere l’aiuto di uno spirito orante, nella beatitudine celeste: è al nostro naufragio che l’anima.