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L’onore 139

ver, mangiare, bere, vestirsi, infine! Il grande William è così sincero, così umanamente sincero e persino brutale nelle sue creature di verità o di vita! Dal momento che, con l’onore, Falstaff non può aver nè un abito, nè un pajo di scarpe, nè un boccale di claret, nè un’oca farcita, nè un vasto letto per rotolarvi la sua colossale persona, egli dichiara apertamente che ci rinunzia, all’onore e che disperde questo soffio vano della sua esistenza. Altri tempi! Chi oserebbe mai dir questo, ora, con tutte le levigature, le lustrature e i seize reflets della società moderna? Quale cinico fra i più cinici finanzieri moderni, o quale celeberrimo avventuriero farebbe mai il proclama di Falstaff? Chi mai rinnegherebbe l’onore, con tanta filosofia crudele come il ventruto cavalier di ventura inglese? Altri tempi! Tanti, probabilmente, pensano come egli pensa, anche adesso; tanti come Falstaff, nel segreto del loro spirito, sono convinti che non battendosi moneta, con l’onore, e la moneta essendo non solo utile, ma necessaria, è meglio rinunziare tacitamente a questo vano soffio dell’onore: tanti, e sono, forse, i meno numerosi ma i più temibili, hanno cominciato per fare il glaciale e mortale ragionamento di Falstaff, anche prima di en-