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138 | L’anima di Napoli |
gia, l’onore? Si beve, forse, l’onore? Che ne fai, tu, dell’onore? Si batte moneta, forse, con l’onore? Di quale onore, tu parli? Del mio? Del tuo? Il mio è diverso dal tuo! L’onore? Una parola: un soffio, veramente, non altro che un soffio.» E crolla le pingui spalle, bevendo ancora e con la mano quadrata che posa il gotto, fa un cenno per diradare questo soffio che è l’onore, dalla sua vita di beone.
Falstaff, colui che, giovine, era stato paggio del duca di Norfolk ed era, in giovinezza, tanto sottile da passare dentro un anello, colui che era stato l’amico di Harry Plantagenet, principe ereditario e poi re d’Inghilterra, Falstaff, diventato cinquantenne, obeso, calvo, poltrone, goloso, mangione, ubbriacone, dissoluto, pieno di spirito, pieno di risorse, lesto di mano, imbroglione famoso e pure piacevole, non mancante di chic Falstaff, osa dire, in quel tempo, tutto il suo pensiero sull’onore. Egli ha tutti i vizî, salvo quello immondo della ipocrisia: egli è capace di covrirsi di tutti i crimini, ma non di fingere la virtù: egli vive di ogni porcheria, ma lo dichiara, non può fare altrimenti, che commetter frodi e ladrerie, visto che deve vi-