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Dietro il paravento 107

ciolevoli: tutte le forme, infine, del precipizio, a due passi dai grandi palazzi. Qua e là, qualche rozza ringhiera; appoggiandovisi, guardando giù, par di mettere l’occhio in una cantina, in un pozzo.

Lo slivello fa paura. Le colmate dovrebbero arrivare ai primi piani di queste catapecchie: e a pianterreno, ai primi piani di queste catapecchie, abita gente, ha bottega, vive, muore; e così sarà, per moltissimi anni ancora, così sarà, forse, per sempre! Lo slivello pauroso si prosegue da Porto, a Vicaria, a Mercato, sino alla fine, e in fondo a questi pozzi, in fondo a queste cantine, in fondo a questi sotterranei, esiste tutto quello che esisteva, prima, purtroppo, peggiorato! Le antiche arti, gli Orefici, gli Armieri, i Lanzieri, i Taffettanari, son là, coi loro piccoli opificii malsani, oscuri, miserabili; sono ancora lì: le antiche straduccie affogate fra le case, gli antichi portoncini larghi settantacinque centimetri, le antiche finestre dai vetri sporchi, gli antichi cavalcavia sui quali pare che si abbattano le vecchie case crollanti, gli antichi vicoli ciechi, ricovero di ogni sporcizia: tutto, tutto è restato come era, talmente sporco da fare schifo, senza mai uno spazzino che vi appaia, senza mai una guardia che vi faccia capolino.