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Meglio giungere tardi a Saint-Moritz, che perdere una notte a Chiavenna.

— O a Vicosoprano - completò don Lucio Sa bini, gittando via la coda della sua sigaretta.

E ognuno dei due gentiluomini si collocò meglio, nel suo posto, tirò sulle gambe la grande coperta inglese, da viaggio, con quei gesti di cortese pazienza, di chi ha l’abitudine dei lunghi tragitti. Giusto un’ora si eran fermati, a Vicosoprano, per dar riposo ai cavalli della loro vettura, non trovandosene altri, di ricambio: eran giunti alle sei, eran ripartiti alle sette. Dopo una occhiata data al nuovo, bianco e malinconico Hotel Helvetia, ove sul picciol prato, innanzi all’albergo e sul peristilio si agitavano fiaccamente delle figure muliebri e maschili, dai vestiti dimessi, dai volti insignificanti e annoiati delle persone che abitano, di consueto, le solitarie pensions di sette lire, i due gentiluomini, mentre strepitava, nel cortile dellHelvetia, la campanella fastidiosa della tavola rotonda, eran discesi all’antico e rustico albergo Krone: sull’arco del basso e largo portone svizzero, correva un motto in caratteri gotici; e il balconcino centrale aveva quattro o cinque pianticelle di vividi gerani e di speronelle violette: una sonante e nera scala di legno conduceva al primo piano. La biondastra e florida figliuola del l’albergatore, accesa di colorito, rapida, silenziosa, aveva servito loro un pranzo semplice e caratteristico, cioè una fitta e fumante zuppa di legumi, delle trotelle al burro, del pollo arrosto e, per ultimo,