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8 evviva la vita!

— Eppure, sono le otto - pronunziò don Vittorio Lante, seguendo il suo lento pensiero.

— Le otto - affermò, piano, Lucio Sabini.

Tinnivano fiocamente le campanelle dei loro ca valli, nella tranquilla ascensione: il torrente, alla loro destra, a volta violento e coperto di spume biancheggianti sui macigni, a volta limpido e stretto come un ruscello fra le verdissime praterie, rumoreggiava fragorosamente o sordamente, venendo di lassù, dalle bianche e fredde sommità ove essi ascendevano, andandosene, laggiù, alle pianure calde e monotone, da cui essi venivano.

— Non giungeremo prima delle undici e mezzo — disse, a bassa voce, don Vittorio Lante.

— Non prima — confermò Lucio Sabini, sullo stesso tono.

Fumavano, entrambi, delle sigarette: finissime ombre, non nuvolette, di fumo, alitavano, appena, intorno ai loro volti, mentre la loro carrozza continuava a salire, al passo calmo ed eguale dei cavalli, per la sua via consueta, la lunga via che sale, fra un continuo rinnovarsi di piccole valli, di grandi vallate, di strette gole, di vasti pianori, fra le due falde montane, a diritta e a sinistra. Avevan trovate partite le carrozze di posta, a Chiavenna, giacchè, da un anno all’altro, l’orario s’era mutato: e una vettura particolare li trasportava, da cinque ore, verso gli austeri Grigioni, di cui ancora non si distinguevano i contrafforti.

— Che importa! - disse, continuando sempre il suo pensiero ad alta voce, don Vittorio Lante.