sgorga dall’anima silenziosamente inebbriata. Duplice, interiore, muta ebbrezza, che viene dalla fede rinnovellata nelle più fresche e più limpide sorgenti, che viene dalla beltà dell'arte: estasi taciturna che sospinge lo spirito sovra vette sublimi. Ombre vagolano, assai pianamente, per la vastità: accanto ai vecchi pilastri su cui si appoggiarono le spalle dei padri antichi fiorentini, ancora orano anime cristiane: e con cauti passi i visitatori si aggirano, salutando, ogni tanto l'altare, ove i sacerdoti cantano le liturgie della giornata. Qui, sui gradini della Confessione, presso l’immenso messale miniato schiuso sovra un alto leggìo di legno scolpito, due persone s’inchinano, insieme, accanto. Vengono di lontano, costoro: hanno lasciato il freddo e grigio loro paese, cercando il sole per benedire il gentile e soave idillio del loro sponsalizio, cercando di soddisfare la loro sete di vivere, non solo alla passione santificata innanzi a Dio, ma